Negli anni 70 di certo non sarebbe venuta a nessuno l'idea di dedicare un pensiero della cravatta: molti tra gli intellettuali di quegli anni infatti consideravano questo accessorio come un simbolo di conformismo borghese, di sottomissione alle regole gerarchiche e di identificazione con la figura paterna, con la conseguenza che non la indossavano più.

In quel periodo si preannunciava infatti la fine della cravatta come accessorio di abbigliamento, segno reazionario che ben presto la storia avrebbe spazzato via.

Ma per un certo verso, quella profonda crisi è stata positiva.

Fino agli inizi degli anni 80 infatti la cravatta era penalizzata dall'essere considerata un accessorio obbligatorio, un vincolo imposto talvolta sin dalla giovinezza, a scuola e sul luogo di lavoro, in occasione di incontri, cene e fino alle più importanti riunioni di famiglia.

Siccome la vita sociale di quegli anni lo imponeva, per molti quel vincolo era vissuto come un fastidioso obbligo.

Ma una volta sfumati gli eccessi ideologici che avevano fatto della cravatta un simbolo di oppressione, eccola più in forma che mai riapparire esattamente tale e quale era nata 300 anni prima, come un semplice vezzo indossato in completa libertà, tranne rarissime eccezioni.

Nessun uomo oggi indossa la cravatta senza piacere.

Se infatti è vero che in alcune circostanze è ancora richiesta, come nei più formali tra i ristoranti di lusso, in alcuni circoli privati o nei casino, oramai si vedono spesso alte personalità dispensarsene allegramente.

La cravatta infatti non è più un simbolo della gerarchia sociale, ma piuttosto il senso di appartenenza ad ambienti in cui l'abbigliamento casual viene considerato di buon gusto.

Di conseguenza, indossare una cravatta oggi non significa conformarsi ad una regola, ma bensì conformarsi ad uno stile che ognuno è poi libero di trasgredire, senza correre altri rischi se non quello di affermare la propria personalità e originalità.

Non essendo più obbligatoria, la cravatta è tornata ad essere un accessorio scelto nella più totale libertà, quasi sempre per puro piacere, e di cui nessuno oggi potrebbe preannunciare la fine.

Come si può dubitare ancora che la cravatta, proprio come una poesia, non sia un'espressione più o meno cosciente di un carattere o di un preciso stato d'animo?

Umberto Eco, nella sua "Psicologia del vestire", ha riassunto perfettamente la libertà e allo stesso tempo la funzione poetica della cravatta dei giorni nostri: "Parla il fatto che io mi presenti alla mattina in ufficio con una regolare cravatta a righe, parla il fatto che improvvisamente la sostituisca con una cravatta psichedelica, parla il fatto che io vada alla riunione del consiglio di amministrazione senza cravatta".

Non solo la cravatta oggi comunica qualcosa, ma l'uomo è ormai libero di sceglierne il contenuto per ogni occasione, oppure persino di tacere, e in questo modo rendere significativo il suo silenzio.

A proposito di libertà è bene ricordare che ancora oggi ci sono luoghi in cui la cravatta, simbolo forte del mondo occidentale e delle sue frivolezze, è purtroppo vietata: nella storia é stato il caso della Cina per tantissimi anni e seppur in minor misura non era buona abitudine indossarla nell'ex Unione Sovietica durante gli anni più bui del regime di Stalin, uno dei più grandi nemici della cravatta.

Oggi purtroppo è il caso dell'Iran, dove la cravatta e il farfallino sono assolutamente vietati in seguito a incomprensibili editti religiosi.

Al contrario in altri stati di fede musulmana, come ad esmpio la Turchia indossare la cravatta è uno dei simboli dello Stato laico, e quindi è stata resa obbligatoria in parlamento.

Cambiando completamente l'ordine di idee, la cravatta è stato uno dei più importanti simbolismi di libertà per i primi movimenti femministi, che indossavano cravatte da uomo come uno dei segni più vistosi della loro emancipazione.

Esprimersi in piena libertà, perfezionare la propria eleganza accrescendo il proprio fascino, accarezzare materiali che sono un puro piacere per lo spirito: la cravatta porta solo benefici, e da quando non è più obbligatoria, bisognerebbe essere pazzi per non indossarla con fierezza.